A differenza delle generazioni che li hanno preceduti, Millennial e GenZ si trovano oggi a fare i conti con un mercato del lavoro complesso, caratterizzato da contratti precari e di breve durata, compensi bassi e scarse opportunità di crescita professionale. Un quadro che, unito al contesto economico instabile e all’aumento generale dei prezzi registrato nel post-pandemia, si traduce in una forte instabilità economica e nella difficoltà non solo di far fronte alle spese quotidiane, ma anche, di conseguenza, di risparmiare e investire per costruire un futuro sicuro per sé e per la propria famiglia.
L’Italia si trova al terzo posto in Europa per tasso di disoccupazione giovanile, che nel nostro Paese supera il 18%, contro una media europea di ben quattro punti percentuali inferiore. Tuttavia, l’occupazione giovanile in Italia non è solo nettamente più bassa rispetto agli altri Paesi europei, è anche più precaria: nel 2023 i contratti a tempo determinato hanno interessato il 16,1% del totale dei dipendenti italiani, quasi 3 milioni di lavoratori. Un fenomeno che riguarda soprattutto le nuove generazioni, con il 33,4% dei lavoratori tra i 15 e i 34 anni impiegati con contratti a termine. L’ultimo Osservatorio sul Precariato dell’Inps ha mostrato come, dei 3,16 milioni di contratti attivati nel corso del 2023 in favore di lavoratori al di sotto dei 30 anni, quasi l’80% è stato temporaneo (a tempo determinato, stagionale, in somministrazione, a chiamata e simili). Il contratto a tempo indeterminato, che un tempo rappresentava la normalità per i giovani al momento del loro ingresso nel mondo del lavoro, oggi è un privilegio riservato a pochi.
Dal punto di vista delle retribuzioni poi, la situazione non è più rassicurante: in termini di reddito lordo pro capite, la media europea si aggira intorno ai 40.000 euro annui, contro i 33.000 euro di quella italiana. Nell’ultimo decennio, mentre l’Europa ha assistito a un incremento della retribuzione media annua, l’Italia ha visto a una riduzione del dato del 4,5%. Ai salari bassi si aggiungono gli effetti dell’inflazione record: a partire dal 2021 l’aumento generalizzato dei prezzi ha causato un crollo del 6,4% del potere d’acquisto dei giovani italiani. Secondo un sondaggio anonimo condotto su un campione rappresentativo di clienti di Gimme5 – la soluzione digitale che permette di accantonare piccole somme attraverso smartphone e investirle in fondi comuni – è proprio l’aumento dei prezzi il primo fattore a ostacolare il risparmio individuale (50,8%), seguito dalle emergenze finanziarie impreviste (34,1%), dall’assenza di disponibilità economiche (31,4%), dal mancato controllo delle spese (21,3%) e, infine, dagli acquisti d’impulso (16,3%). Il quadro finale che emerge è sconfortante: nonostante la stragrande maggioranza degli intervistati (79%) consideri il risparmio fondamentale, solo il 54% del campione riesce effettivamente a risparmiare con costanza. A fare più fatica sono i GenZ (42%) e le donne (32%), le più penalizzate da divario retributivo di genere e discontinuità lavorativa. Il 46% del campione risparmia solo saltuariamente: il 26% se necessario, il 20% raramente o mai.
La precarietà economica delle giovani generazioni è sicuramente una questione complessa che va affrontata mediante un approccio integrato che coinvolga datori di lavoro, aziende e istituzioni e miri a promuovere un mercato del lavoro più stabile e inclusivo. Ad ogni modo, il Fintech e gli strumenti smart di finanza personale possono offrire un supporto concreto e decisivo nella gestione delle spese, incentivando la sistematicità del risparmio. Gimme5, ad esempio, offre un servizio personalizzato di micro-risparmio e micro-investimento accessibile a qualunque portafoglio, a partire da 5 euro, che consente ai giovani di stabilire obiettivi di risparmio personalizzati, accumulando capitale in modo sostenibile ed offrendo un sistema intuitivo per pianificare, un piccolo passo dopo l’altro, il proprio futuro finanziario.